La montagna perfetta

Un bellissimo anello ai margini delle Odle.
Praterie incredibili per salire in quota, continui balconi sulle Odle, uno yogurt in una baita dal sapore vero, e poi montagne all'orizzonte come non ci fosse altro sulla terra, confini lontani immensi e unici fino ad una piccola malga al cospetto delle Puez dove il tempo si è fermato. La montagna che vogliamo.


L’esperienza del Sass Rigais ci ha lasciato un po' di amaro in bocca, file interminabili di pseudo alpinisti che ti passano sopra se non ti fai da parte e il non riuscire a prendersi i propri tempi mi hanno costretto a tavolino, carta alla mano; serviva un percorso di ampio respiro che ci tenesse fuori dai percorsi battuti. Quello di oggi lo posso chiamare il giro delle malghe, eccezion fatta per il rifugio Genova che proprio malga non è, ma che in ogni caso ci ha visto solo come pellegrini viandanti. Parcheggiamo di buon ora al parcheggio Zannes, l’ultimo avamposto carrozzabile della val di Funes; accanto al piazzale del parcheggio abbiamo preso e seguito il sentiero 33 su ampia strada brecciata, carrozzabile e chiusa al traffico, molto lentamente sale alto sopra il profondo vallone scavato dal Rio Casaril per un paio di chilometri fino ad incrociare un ponte in legno (uno minuscolo lo aveva incrociato più a valle) che attraversa il torrente povero di acqua (+30 min.); continuando sullo stesso sentiero 33 e deviando verso destra si inizia a costeggiare meravigliosi alpeggi, incassati in radi boschi di abeti, il profilo del rifugio Genova si nota già sulle creste lassù in alto. Il sentiero aggira gli alpeggi, contenuto da steccati in legno sale di quota con una serie di gradoni e tornanti fino a sbucare di fronte alle Odle che sfilano davanti con le famose guglie allineate e i ghiaioni che arrivano fino al limitare del bosco; una cartolina sule le Odle, una delle tante cartoline che queste montagne sanno regalare. E’ tempo di mietitura agli alpeggi, oltre gli steccati è un brulicare di contadini al lavoro, chi sparpaglia e rigira l’erba già tagliata per farla asciugare meglio, chi è già oltre questa fase la sta raccogliendo, chi invece è ancora indietro la sta tagliano ora, le praterie sono dei puzzle cromatici con le tonalità dal giallo al verde, c’è pace nell’aria, ci siamo ripresi davvero i nostri tempi. Traversando su una poco accennata dorsale il sentiero continua in salita costante fino a raggiungere la malga di Gampen (+1,10 ore), Gampenalm in tedesco e sulle carte, intorno le mucche si vedono e si sentono i tipici campanacci alpini che sono un po' la colonna sonora di questo inizio di giornata. La malga è un vero ristorante in quota, a fianco la stalla per il ricovero notturno del bestiame, anche se era prestino non potevamo farci scappare lo yogurt a metro zero; coi frutti di bosco si è rivelato una cosa finta che è impossibile da descrivere. Il rifugio Genova sembra vicino ma rimane una bella pettata di 300 m. che si può approcciare con svariati percorsi, il 33 sale diretto, lo abbandoniamo per tagliare il pendio col 31A fino ad incrociare il sentiero 32 che proviene dalla malga Kaserill e che sale più graduale. Raggiungiamo il rifugio da dietro (+50 min.), ci accoglie la bandiera tirolese e una sfilza di lenzuola stese al sole, tanta la gente che più o meno bighellona intorno, c’è già chi mangia e chi invece prende il sole. Bella posizione, la val di Funes sotto e la sfilata delle torri delle Odle sulla sinistra, incassato come è rispetto alla dorsale poco più in alto non ha viste sulle montagne a Nord. Il dislivello in salita quasi termina qui per oggi, nemmeno 200 m. ci dividono dal monte Juac più di un chilometro lontano, inizia al rifugio Genova invece il tratto più interessante della giornata, dal rifugio saliamo verso il passo Poma, una larga indistinta prateria dove ci accolgono paciose mucche pezzate; verso destra si allunga in piano un sentiero elegantissimo e panoramico che è una chiara istigazione a far andare la gamba; taglia sotto il Bronsoi e viaggia sottile sopra incassati valloni che scendono invece molto ripidi nelle secondarie valli del comprensorio dell’alta Badia regalando viste mozzafiato sulle Dolomiti di Fanes e Braies; la salita allo Juac è breve ma prevalentemente su pietrisco scivoloso, un minimo guardinghi tocca esserlo. Quando raggiungiamo la sella (+50 min.), in prossimità della vetta dello Juac, solo una “collinetta” di 2400m. un centinaio di metri più a Nord e raggiungibile con comodo sentiero pianeggiante, il muro delle Dolomiti di Puez si para davanti oltre la valle, non eravamo pronti a tanta imponenza. Brava Marina che decide di raggiungere lo Juac, superati i pochi metri della erbosa vetta si apre un orizzonte infinito di sole montagne, tutto l’orizzonte era roccia, montagna come non ci fosse altro sulla terra, molte le riconosciamo (anche grazie ad un pannello illustrativo posto nelle vicinanze) dal Putia al Plan de Corones, spicca la piramide appuntita di cima Nove e quella massiccia di cima Dieci, queste fanno parte del gruppo delle Fanes, a seguire e senza interruzione di sorta la bella muraglia delle Conturinas e poco dietro l’inconfondibile profilo della Tofana di Rozes e poi chissà cosa altro che non vediamo solo perché iniziano le guglie e i ghiaioni delle montagne di Puez, Piza de Antersasc, Piz Somplunt, Piza de Poz e Piz Duleda, roccia verticale e continua interrotta solo dal ghiaione della impressionante forcella de Roa che le divide dal Sas dal’Ega e dalla Furcheta; da diventare scemi, da non riuscire a capire dove terminano le Puez e dove iniziano le Odle. Questo panorama mi resterà nel cuore a lungo e spero rimanga indimenticabile almeno nel ricordo della grandezza che ha restituito. Ci siamo sentiti come in un parco giochi meraviglioso e con attorno tutta questa grandiosità riprendiamo il giro; sul sentiero che da lì a poco ci doveva portare alla forcella di Furcia. In costante leggera discesa, quando non in piano, fiori attorno e quel muro di montagne a lato, era un momento leggero, bellissimo, anche perché si era fatta una certa e stavamo puntando la malga Medalges per fermarci e mettere qualcosa sotto i denti. La malga arriva all’ultimo momento (+55 min.), iniziavo quasi a preoccuparmi di qualche inesattezza sulla carta, infilata sotto le coste che stavamo percorrendo si è manifestata solo quando ormai ci eravamo sopra; una vera malga d’alta quota trasformata a punto di ristoro, due edifici, la baita, una sala con quattro tavoli ed una minuscola cucina ed una costruzione poco più grande, sopra adibita a rifugio/dormitorio (come si fa a sapere che esiste mi sono chiesto per noi popolo del Sud), sotto adibita a piccola stalla. Nel mezzo un terrazzo che le unisce, in tavolacci, qui il lusso non esiste, dove è stato bellissimo fermarsi, mangiare e perdere la nozione del tempo. Poca gente si ferma, solo quella di passaggio, una vista mozzafiato sul Piz Duleda, sul piz dell’Ega e sulla forcella di Roa, un pezzo di paradiso sulla terra con cui si stenta a prendere confidenza e ad abituarcisi. Ricordo nei tanti anni di giri dolomitici solo un’altra baita in cui ho provato questi sentimenti, era in val Duron se non ricordo male, era piccolina ma già più di grido, qui a Medalges la semplicità e l’essenziale la facevano da padrone, la simpatia del gestore, la cucina semplice ma eccellente (canederli così non ne ho mangiati in nessun altro posto, erano pressati e alla piastra, favolosi) e soprattutto la vista che si godeva aggiungevano l’impossibile tanto da renderla unica e indimenticabile. Sono soddisfatto di me perché nel pensare e costruire il giro ad anello di oggi sulla carta e nel tentativo di voler escludere affollati rifugi alla moda ho scelto volutamente questa malghetta, poteva andar male ma è stato un capolavoro. A malincuore, moltissimo a malincuore e dopo più di un’ora in cui ci siamo goduti una calma ed una bellezza che non sembrava esserci più in questa terra siamo ripartiti, la forcella di Furcia era a pochi minuti ed abbiamo voltato pagina repentinamente; una panchina sulla sella ha offerto l’ultimo momento panoramico mozzafiato, l’alta Badia a Nord e la val di Funes con le Odle che da qui si infilano di profilo a Sud, erano permessi solo superlativi; ovviamente dopo tanta sosta non ci fermiamo di nuovo e prendiamo a scendere i ripidi tornanti, ogni tornante offre un punto di vista delle Odle e in particolare dei ghiaioni simili ma mai uguali, prospettive leggermente diverse e ognuna con un dettaglio maggiore, ancora sopra i boschi, siamo sempre sopra i 2000 m. i ghiaioni inconfondibili di queste montagne ci appaiono con un profilo insolito, gli siamo di fianco, la lingua di sassi è uno scivolo inclinato di 45°, anche di più mano a mano che sale di quota, il Piz dell’Ega e la Furcheta si alzano diritti verso il cielo, un controluce spinto restituisce immagini forti ed entusiasmanti, ci siamo ubriacati di Odle questa settimana ma basta mai, ogni angolazione, ogni luce, ogni stato del cielo restituiscono immagini potenti, entusiasmanti, queste non sono solo montagne, sono la proiezione dell’artista sulla terra, la perfezione delle linee verticali in contrasto con gli orizzonti della terra. Qualche altro tornante, diversi traversi a raggiungiamo il fondo valle dove riprendiamo il sentiero orlato anche qui di fiori e un rado bosco di abeti. Nel bosco, per altro bellissimo, tutto appare scontato, dopo tanta roccia e guglie anche i boschi come questi perdono interesse; la discesa è veloce, non abbandoniamo più il sentiero, che anzi poi si fa strada brecciata, incrociamo quella che scende dalla baita Gampen, quella dello yogurt della mattina, e poco dopo il ponte sul Rio Funes dove ha inizio la via delle Odle anche detto sentiero Adolf Munkel (il nostro primo contatto con le Odle che risale a due anni fa). Scendiamo costeggiando il Rio Funes, quando arriviamo al parcheggio (+2,50 ore compresa la sosta in baita) lo troviamo già parzialmente vuoto, siamo stati tra i primi questa mattina ad arrivare e siamo tra gli ultimi oggi pomeriggio a lasciarlo, c’è frenesia nell’aria per un generalizzato ritorno a casa ma tanti visi felici; le Odle si stanno spopolando per prepararsi alla giornata di domani, fosse dieci volte meno bella di quella di oggi sarebbe già un successo.